Spotify vuole usare il riconoscimento delle emozioni per raccomandare le canzoni da ascoltare

Spotify vuole usare il riconoscimento delle emozioni per raccomandare le canzoni da ascoltare

Spotify vuole usare il riconoscimento delle emozioni per raccomandare le canzoni da ascoltare


di Viola Stefanello

Pur essendo tra le tech company più note, salvo un paio di piccoli security breach Spotify è riuscita a tenersi tendenzialmente distante dagli scandali. Fondata nel 2006, la compagnia viene spesso criticata per il metodo problematico che ha di calcolare quanto pagare gli artisti, ma ha in larga parte evitato le controversie legate alle privacy che negli ultimi anni hanno investito le altre aziende del settore. Una nuova tecnologia depositata dalla compagnia quest’anno, però, preoccupa moltissimo gli attivisti per i diritti digitali.

Interpretare le emozioni della voce

Nella primavera del 2021, la compagnia ha infatti depositato il brevetto per una tecnologia a cui sta lavorando almeno dal 2018, che permette di ascoltare le conversazioni degli utenti e raccomandare contenuti in base alle emozioni percepite dalla loro voce. Il sistema di riconoscimento vocale andrebbe infatti a identificare “stato emotivo, genere, età o accento” degli ascoltatori.

Gli attivisti di Access Now, che dal 2009 lottano per l’accesso equo al web e per la sicurezza digitale, hanno immediatamente sottolineato il potenziale di violazione della privacy e di manipolazione emotiva che sta alla base di questa tecnologia. In una recente lettera agli stakeholder della compagnia, Access Now scrive che “sono stati sollevati dubbi seri sulla base scientifica delle tecnologie che pretendono di rilevare lo stato emotivo e altre caratteristiche degli individui. Ma anche se questa tecnologia funzionasse, violerebbe i diritti degli individui alla privacy, alla non discriminazione e alla libertà di espressione”.

L’azienda, in risposta, ha sottolineato di non aver ancora mai utilizzato il sistema di raccomandazione basato sulle emozioni che questa tecnologia permette di sviluppare. Al momento, le playlist create su misura per i singoli utenti sono uno dei fiori all’occhiello di Spotify, e si basano su un insieme di consigli tratti da ciò che l’algoritmo della piattaforma ha appreso sui gusti musicali dell’ascoltatore da quando si è iscritto, dai miliardi di playlist create dagli utenti con gusti simili nonché dagli esperti musicali assunti dall’azienda.

Alla luce della crescente sfiducia nei confronti della buona fede delle tech company quando si tratta di scegliere tra il rispetto dei diritti degli utenti e la monetizzazione di tecnologie controverse, però, la rassicurazione non ha funzionato. “Quando abbiamo sollevato per la prima volta queste preoccupazioni direttamente con Spotify, l’azienda ha affermato di non star utilizzando la tecnologia in alcun prodotto e che non intendeva farlo. Tuttavia, non ha voluto impegnarsi apertamente a non utilizzare, concedere in licenza, vendere o monetizzare la tecnologia – si legge nella lettera di Access Now -. Anche se Spotify non dovesse far uso di questa tecnologia, potrebbe trarre profitto dagli strumenti di sorveglianza implementati da altre istituzioni. Qualsiasi uso di questa tecnologia è inaccettabile”.



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www.wired.it
2021-11-26 06:00:00

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